Il mio lavoro è anche questo: trasformare e amplificare un messaggio e portarlo al pubblico. È una routine che conosco bene, fatta di attenzione ai dettagli, di parole misurate, di un equilibrio che non lascia spazio alle emozioni. Ma poi arrivano quei momenti che ti spiazzano, che ti costringono a rallentare, in cui l’asettico della notizia si mescola con il cuore. E allora tutto cambia.

È successo con l’intervista coordinata tra la collega di Vanity Fair ed Eleonora, una donna che ha condiviso il suo vissuto più delicato: come spiegare ai propri figli una diagnosi di tumore. Ha contribuito alla realizzazione di un libro “Le avventure nel barattolo” che sono certa sarà una guida per moltissime famiglie come quella di Eleonora. Un tema che va oltre i confini del giornalismo, che ti entra sotto la pelle. Quando Eleonora parlava, ogni parola sembrava portare il peso di qualcosa di più grande. Non solo la sua esperienza, ma il tempo, i legami, il significato di ciò che diamo per scontato ogni giorno.

La verità è che ci pensiamo troppo poco. Presi dalla routine, dalla frenesia delle cose da fare, non ci fermiamo mai davvero a riflettere su quanto sia prezioso ciò che abbiamo. Il tempo, soprattutto. Per molti è solo un dato, un dettaglio trascurabile tra scadenze e impegni. Ma per Eleonora, il tempo è tutto. È un bene raro, un dono che lei dedica ai suoi figli con una consapevolezza che fa riflettere.

Dopo un’intervista, mi viene naturale ringraziare (intervistato e intervistatore) con un “grazie per la disponibilità e il tempo.” Ma questa volta non ci sono riuscita. Quelle parole, sempre così adeguate, mi sono sembrate improvvisamente vuote. Perché il tempo, per Eleonora, non è una formalità. È vita vissuta, ogni secondo un momento che conta davvero.

E poi è arrivata la sua risposta. Eleonora era entusiasta, grata che la sua storia fosse stata raccontata bene, ma non solo per sé. Pensava alle altre mamme, a quelle che avrebbero letto l’intervista e trovato un po’ di conforto, un po’ di forza. È stato quel momento a farmi fermare, a farmi realizzare quanto spesso dimentichiamo di dare valore alle cose più semplici e fondamentali: il tempo, le persone, i legami.

Non succede spesso che il cuore si infiltri in quello che faccio, ma quando accade, mi ricorda quanto sia umano il mio lavoro. Non è solo raccontare una storia, è dare voce a chi ha qualcosa di importante da dire. Ed è anche un invito, per me e per chi legge, a rallentare, a guardarsi intorno e a ricordarsi di quello che conta davvero.

Perché la verità è che la routine ci tiene in superficie, ma sono storie come quella di Eleonora che ci portano in profondità. E lì, in quella profondità, capiamo che il tempo non è solo qualcosa che passa, ma qualcosa da vivere, da amare, da custodire.

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