A bright and cheerful scene featuring a simple wooden sign with the correctly written phrase 'Sono un ragazzo fortunato' in clear and elegant handwriting. The sign is placed in a vibrant green field surrounded by colorful flowers, under a sunny blue sky with soft clouds. The overall atmosphere is joyful, uplifting, and full of positivity, perfectly highlighting the message of gratitude.

Jovanotti, tra una canzone e una dichiarazione, riesce sempre a lasciare il segno. Quando gli hanno chiesto cosa scriverebbe sulla sua lapide, la sua risposta è stata disarmante nella sua semplicità: “Sono un ragazzo fortunato”. Una strofa che conosciamo tutti, tratta da una sua canzone di anni fa, ma che suona ancora come un inno senza tempo.

Jovanotti è così: uno che riesce a portare gioia e leggerezza senza mai sembrare superficiale. E questa risposta, nella sua leggerezza apparente, dimostra una maturità incredibile. È come se stesse dicendo: “Guardate, la mia vita è stata bella, sono grato per quello che ho avuto.” Non si è montato la testa, nonostante il successo, e questo lo rende unico. Quanti altri, soprattutto tra i più giovani, possono dire altrettanto? Mi dispiace constatarlo, ma la tendenza è un’altra: troppa arroganza, troppa fretta di arrivare senza il tempo di apprezzare.

Sono di parte, me ne rendo conto, ma diciamolo: Jovanotti ha sempre avuto quella capacità unica di mettere gioia e leggerezza nelle sue parole, senza mai sembrare superficiale. E questa risposta ne è la prova: semplice, diretta, ma incredibilmente densa. È come se stesse dicendo: “Guardate, la mia vita è stata piena, ho avuto tanto, sono grato.” Ecco, la gratitudine, questa sconosciuta. Una dote che non ha mai perso, nonostante il successo. Non si è mai montato la testa, e questo, oggi, lo rende quasi raro.

Non posso fare a meno di notare che tra i più giovani, quelli che si affacciano ora al mondo dello spettacolo o della musica, questa qualità sembra sempre più scarsa. Li vedo spesso troppo arrabbiati e a tratto tristi, ma non “alla Cocciante” , pensando al cervo in primavera, ma con il mondo.

Forse mi sento molto boomer a dirlo — e lo ammetto, anche se per una manciata di mesi non lo sono ufficialmente — ma certi inni alla vita, così carichi di positività, sembrano appartenere a un altro tempo. E non oso immaginare cosa potrebbe scrivere sulla lapide un autore nato dopo il 2000. Forse un’emoji? O una frase criptica che suona come un post di TikTok. Magari qualcosa tipo: “Non c’è campo,” o peggio, un codice QR che rimanda al video del momento.

Ma torniamo alla frase di Jovanotti. Pensare a cosa vorresti scritto sulla tua lapide è, in fondo, un esercizio di vita, non di morte. È chiederti: qual è il riassunto della mia storia? Che messaggio lascio al mondo? È un pensiero che, volenti o nolenti, va aggiornato ciclicamente. Perché la vita, si sa, è imprevedibile. Può succedere tutto e il contrario di tutto.

Me lo sto chiedendo anche io, cosa vorrei far leggere e credo che sarà un buon esercizio per fare dei piccoli bilanci della propria vita. Non troppo spesso, però ma neppure senza rimandare troppo. E’ un buon sistema per apprezzare le cose o per farele girare come si deve.

Vediamo cosa mi inventerà tra quella di Jova e quella di Califano altrettanto famosa

 

 

 

 

 

 

 

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